L'orgoglio ferito

24.01.2014 22:46

 
"Eccoti qua. Una donna fatta. Eppure resti sempre la ragazzina  pronta ad ascoltare gli altri. Disponibile a dare un consiglio se richiesto e puntualmente destinata a essere dimenticata in un angolo da sola, per la precisione, l'angolo a 90°. Fottuti egoisti. Amare riflessioni da buttare a mare insieme a tutte quelle persone che ti usano e poi ti gettano come un kleenex. Se dovessi rinascere fammi priva di sensibilità, Cristo! 
Valentina, finiscila di piangerti addosso, asciugati gli occhi, soffiati il naso, schiena dritta, testa avanti e via andare. Eh no, non ci casco più, prossima volta farò come le tre scimmiette", si disse in quel monologo interiore tra sé e sé. In fin dei conti non era mai sola. Lei e sé stessa fanno due, se la matematica non inganna. Oppure era schizofrenica e se si fosse recata dallo psichiatra le avrebbe detto: "Ehi, voi due, datevi una calmata". 
Ennesima batosta e la determinata decisione di badare solo al proprio interesse in futuro. "Basta farmi carico dei guai degli altri: amici, parenti e chi più ne ha... ché, a quello che provo io, nessuno pensa. La ricompensa per i generosi di cuore e di spirito è l'ingratitudine", riflettè. "Che vadano al diavolo un po' tutti e magari ci si trovano pure bene". Decisamente, Valentina, si era svegliata con la luna di traverso. Le andava stretta l'insensibilità di certa gente troppo distante dalla sua natura. Forse la sbagliata era lei, sebbene si sforzasse sempre di scavare nel profondo dell'individuo con il quale aveva a che fare per non confondere la leggerezza con la superficialità. 
Fortunatamente le bastava pensare al lavoro che faceva e le tornava il sorriso sulla faccia, come uno spicchio di sole. Quell'occupazione era anche la sua grande passione: la pittura, i colori. Quando dipingeva un nuovo quadro era capace di dimenticare l'universo intero, andava in trance, sosteneva lei. Insegnante in una scuola d'arte, amatissima dagli allievi per la sua estrema empatia. Una donna amante del buon gusto che metteva sempre al centro dell'attenzione l'essere. Pur essendo un'esteta, in primis, valutava l'aspetto interiore di cose e persone. Difetti? Tanti. Il più grande: l'orgoglio. Non era tipo da correre dietro a nessuno, anche in amore era così. 
C'era un'altra passione nella vita di Valentina: Franco. Lo aveva conosciuto ad un vernissage in un modo insolito. Non si erano scorti nemmeno per un istante durante la serata. Giunta l'ora di andarsene, il caso li aveva fatti entrare insieme, loro due soli, in ascensore. Galeotto non  fu il libro bensì una scatola meccanica che si blocca e loro lì, nell'imbarazzo più totale. Fatte le dovute presentazioni e scoperto l'amore reciproco per l'arte, fu facile conversare. Franco le rivelò che anche lui disegnava. Una forma d'arte diversa dalla pittura: vignettista, univa il disegno alla parola. Si scambiarono i numeri di telefono e quando l'ascensore riprese a funzionare ne furono quasi dispiaciuti. 
Valentina se ne sentì attratta fin da subito. Non era bello ma aveva dei particolari irresistibili per lei in un uomo: sguardo, bocca, tono della voce. Quegli occhi dolci velati di malinconia, quelle labbra ben disegnate, sensuali e quella voce calda, accompagnati da un umorismo delizioso nel raccontare le cose, l'avevano fatta innamorare senza se e senza ma. Un miscuglio d'amore e passione: mente, cuore, sensi che, shakerati, davano vita ad un cocktail altamente infiammabile ed esplosivo. Fare l'amore era perdere la cognizione del tempo, esistevano solo loro due. Il mondo chiuso fuori. Bella storia davvero, la loro. Peccato che "tutte le cose belle durano poco". Non ricordo chi per primo abbia tirato fuori questa frase, forse quell'ottimista di Mister Murphy, lo possino..."Non ci pensare, non ci pensare...", si ripeteva Valentina andando in loop ogni qual volta un minimo particolare le riportava alla mente Franco. Un paio di mesi prima avevano avuto una lite furibonda, dalle loro bocche erano uscite parole come proiettili che li avevano colpiti ferendoli gravemente al cuore. 
Il motivo della discussione una terza persona amica di Franco che aveva una situazione ingarbugliata con il marito. Questo era ciò che lei sosteneva o che aveva fatto credere all'amico d'infanzia. Franco ne aveva parlato a Valentina e conoscendo la sua bontà d'animo, la saggezza nel risolvere situazioni complesse, le aveva chiesto di parlarle e magari consigliarla. Era stata l'amica stessa a chiedergli quel favore. "Potremmo andare fuori a cena, noi due sole, sai, tra donne ci capiamo al volo". Così gli aveva detto. Valentina non voleva intromettersi, ma per amore di Franco aveva accettato. Sapeva che lui ci teneva tanto a quell'amica anche se, un po' egoisticamente, ne era gelosa. Con aria scherzosa gli aveva risposto: "Ok, mi appunto un paio di consigli sull'orlo del vestito ed esco a cena con lei". 
La cena ci fu, tre sere dopo e che serata! Una volta a casa se fosse stata uomo si sarebbe scolata di tutto, anche l'ammorbidente per i capi delicati, che di delicato non ricordava nulla in quella chiacchierata. La gran donna le aveva confessato di non essere stata solo un'amica per Franco. Le cose andavano male con il marito, separazione in vista e lei aveva intenzione di riprendersi Franco, voleva che le fosse chiaro. Il giorno dopo, lui, si presentò alla sua porta curioso di sapere come fosse andata. Valentina avrebbe preferito essere lo smemorato di Collegno in quel momento. Non sapeva cosa dire, avrebbe voluto tacere, ma l'orgoglio e la gelosia la fecero tracimare come un fiume in piena. Franco non le credette. Una botta tremenda: impossibile si fidasse più di quella donna che di lei. Così difficile, per lui, capire quanto le facesse male il mettere in dubbio le sue parole? L'orgoglio ferito si trasformò in un mostro accecato dalla rabbia, non ricordava di essersi mai incazzata così tanto nella sua vita.  Gli urlò di andarsene, senza stima tutto è vano, vuoto. Lui uscì sbattendo la porta. Era finita. 
Eh, l'amore non è mai piano, lineare. Un giorno sei felice e il giorno dopo ti ritrovi su una strada in salita. Ci vuole un buon veicolo con i freni ben funzionanti e il serbatoio pieno di fiducia. 
Valentina passò settimane nere, colorate solo dalle pennellate sui suoi dipinti e Franco, dal canto suo, non riusciva più a concentrarsi su ciò che faceva. Il caporedattore del quotidiano per il quale lavorava lo aveva anche ammonito e non si trattava di una partita di calcio, c'era in gioco il suo lavoro. Dalla sera della litigata si sentiva uno straccio, soprattutto dopo aver avuto conferma della sincerità di Valentina. Sapeva di amarla, cosa lo tratteneva dal chiamarla? Un difetto comune a tutti e due: l'orgoglio. 
Chissà se l'orgoglio avrebbe ceduto il passo all'amore, chissà se uno dei due avrebbe fatto il primo passo verso l'altro. 
"Se sei uomo devi prendere una decisione, in questo stato non puoi continuare a stare. E' arrivato il momento di tirare fuori gli scheletri dall'armadio e di rinchiuderci il mio orgoglio. Devo trovare il modo per riconquistarla", pensò Franco mentre il capo lo guardava storto. 
Valentina era a casa per malattia, una banale influenza. Alzandosi dal letto sentì una fitta lancinante alla bocca dello stomaco, non era fame, stava pensando a Franco, quello era. "Basta, sto troppo male. E' ora che al muro appenda l'orgoglio, invece che uno dei miei quadri. Ho deciso, lo chiamo al cellulare". Mentre cercava l'apparecchio lasciato in borsa, sentì suonare al campanello d'ingresso. Era la sua collega nonché amica confidente, le disse di andare in camera e di aprire la finestra, quella che dava sull'enorme cartello pubblicitario posto al di là della via. Valentina le rispose se fosse impazzita, ma la collega insistette. Come inebetita si recò nella stanza, spalancò la persiana e vide una nuova pubblicità sul cartellone: raffigurava il viso di Franco, accanto alla bocca una nuvoletta fumetto. Al suo interno c'era scritto: "Valentina, ti amo, perdonami, mi vuoi sposare?". 
Franco era sotto la finestra, attendeva ansioso la reazione di Valentina. Lei, con i lucciconi agli occhi gli gridò: "Sali! Cosa aspetti ancora lì per strada, mi sembri un palo della luce". 
E' risaputo, in amore ne uccide più l'orgoglio che la spada. Non sempre, per fortuna.

                                                     

                      

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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