Gioco di specchi

03.09.2013 13:02

Marta apre gli occhi. E' mattina e come al solito vorrebbe sprofondare di nuovo in un lungo sonno. Il solo pensiero di alzarsi le provoca ansia, il solo pensiero di mettere i piedi per terra le dà la nausea. Sente addosso una stanchezza da toglierle il fiato. Vorrebbe trovarsi in una tana come quella di qualche animale, un orso per esempio, ma anche uno scoiattolo nel tronco cavo di un albero. Un buco caldo e eccogliente nascosto da tutto e da tutti dove possa stare in pace con i suoi pensieri e non fare assolutamente nulla, solo vegetare. Sentirsi un tutt'uno con la terra, i sassi, le foglie, una goccia d'acqua che evapora al sole o sciame di vento invisibile. In poche parole vorrebbe scomparire agli occhi del mondo. 
Ma non può. Deve fare forza su sé stessa. Mettere quei maledetti piedi per terra nelle calde pantofole azzurro cielo e cominciare la sua giornata.
Si prepara rapidamente: jeans e felpa bianca, le basta poco, lei ama la semplicità. Un caffè al volo ed è fuori, il lavoro l'aspetta. La solita giornata frenetica, colleghi distrattamente gentili presi dai problemi di tutti i giorni non vedono l'ora di finire il loro turno lì, in ospedale. Il compito di Marta è strumentista. Assistente in sala operatoria, passa gli strumenti di lavoro ai medici chirurghi durante gli interventi. Il suo lavoro è l'unica cosa che le piace della sua  vita. Il fatto di rendersi utile per gli altri è ciò che le dà la forza di uscire dal suo guscio ogni santa mattina. 
Finalmente dopo una corsa veloce al supermercato per la solita scorta di cioccolato extrafondente del quale è ghiottissima, una di quelle piccole gioie che riescono ad addolcirle alcuni momenti down, è di nuovo a casa, il suo rifugio. No, la solitudine non le pesa, è un animale solitario. Le piace pensare da sola, decidere delle sue cose da sola. Nonostante questo vorrebbe scomparire. Sente che manca qualcosa, forse la gioia di una famiglia? Non sa. Sta di fatto che dopo il trauma per la separazione dei suoi genitori, quando era poco più che adolescente, ha iniziato a soffrire di quello che è meglio conosciuto come "Il male di vivere". Non ne parla volentieri perchè la maggior parte delle persone pensa che tale stato sia sintomo di disagio psicologico. Cioè, ti danno del matto così, superficialmente, senza tanti complimenti. Ma lei non è matta. Forse si trova in tale condizione perchè al contrario, ragiona fin troppo bene e vede la realtà esattamente com'è senza filtri e non è un bel vedere proprio per niente.
Marta, quando sta sola in casa e sente tornare quel malessere che la spingerebbe ad andare a letto e a restarci per tutto il giorno anche senza toccare cibo, fa un gioco innocente di fantasia.
E' la consapevolezza  di essere sola che la spinge a farlo. Intuisce che se si lasciasse andare completamente potrebbe scivolare verso un non ritorno e perdersi per sempre.
Il gioco in questione nasce nella sua infanzia, allora serena con papà e mamma, dai lunghi pomeriggi invernali della domenica seduta davanti alla tv a guardare i cartoni animati della Disney. La sua fervida immaginazione spaziava a 360 gradi. In particolar modo era stata colpita da un cartone animato dove il personaggio entrava in un mondo trasversale a quello reale. Un mondo che si trovava al di là di uno specchio situato in una camera da letto. Marta era sempre stata affascinata da quel materiale: il vetro, il cristallo. Ne aveva trovato un piccolo pezzo nel cortile di casa. Sembrava un sasso multisfaccettato e smussato dagli agenti atmosferici, ma con la particolarità di brillare alla luce del sole e questo l'aveva attirata. Guardandoci attraverso il suo piccolo occhio era stato inondato da un fascio di luce di mille colori. Sembrava che in quel pezzo di cristallo ci fosse racchiuso l'arcobaleno. Lo aveva messo in tasca e custodito gelosamente. Nessuno sapeva di quell'oggetto. Dopo averlo riposto con cura all'interno di una piccola scatola, lo aveva nascosto nell'angolo più profondo e buio del suo armadio. Lo tirava fuori quando si sentiva triste e sognava guardando tutti quei colori, scrutava il mondo attraverso quelle iridescenze e le sembrava più bello. 
Marta bambina non amava giocare con le bambole. Le parevano esattamente quello che sono, dei pezzi di plastica inanimati, freddi, inespressivi e preferiva far volare la sua fantasia in altri modi, per esempio lo specchio. Una volta cresciuta era diventato un po' la sua personalissima cura al male di vivere del quale soffriva. 
Con gesti precisi, quasi rituali, Marta si posiziona di fronte allo specchio dell'enorme armadio quattro stagioni nella sua camera da letto e comincia a fissarlo concentrandosi su ciò che vede al di là delle immagini riflesse. La stanza è sempre quella, ma non sembra più la stessa. Immagina di entrare attraverso lo specchio, lo trapassa  tutto immergendosi magicamente in un altro mondo, in un'altra vita e fantastica su quella visione. Sembra migliore quel mondo: pieno di luce, caldo come un raggio di sole, più accogliente, più colorato, più puro e per un momento, giusto il tempo che dura il gioco di specchi, vede anche sé stessa migliore.Tutto le sembra perfetto e per un attimo, solo un attimo, Marta è felice.






 

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